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Il Mattino - 31 maggio 2013

Rassegna stampa

E' sempre strano sorprendere gli altri mentre parlano di te

Repubblica - 1 giugno 2013

Informalibri - Gennaio 2014

L'altra faccia della vita - Aprile 2014

Di lavoro non ce n'è, c'è poco da illudersi, gli ultimi dati statistici hanno rilevato che quasi un ragazzo su due è senza impiego. E quelli che lo trovano fanno una gran fatica a tenerselo, viene da aggiungere. È impossibile oggi ottenere un contratto a tempo indeterminato, e così i turn-over sono sempre più frequenti, più immeritati, più spietati. La facilità con cui si sostituiscono i dipendenti è il risultato di questo tempo di crisi: una piazza gremita di disoccupati più giovani, più preparati di quanto richiede il mercato, soprattutto più disponibili a compromessi, rende i datori di lavoro dei veri tiranni.Talvolta però, accade che il turn-over dia origine a qualcosa di positivo, talvolta le sconfitte del momento portano a nuove vittorie. E ci sembra questo il caso di Le comunichiamo che..., il divertente racconto di Giuseppe Di Somma della sua caduta professionale. Al terzo giorno dalla "messa in cassa" come la chiama lui, conferendo alla già sgredevole "sospensione dal lavoro" anche quel tocco di mortuario che però dà colore - al terzo giorno, dicevamo, si mette seduto a tavolino e scrive. Scrive del suo lavoro in un call center (quello stesso mondo già sviscerato, nel suo lato grottesco e tragicomico, anche da Virzì in Tutta la vita davanti), dei colleghi che lo popolano (per lo più fantacalcio o social media addicted, o fancazzisti generici), dei dirigenti che non pensano che alle Bahamas, del sindacalista incastrato negli anni Settanta, e poi di riunioni aziendali surreali, di tensioni portate all'esasperazione, ecc.Una storia vera vissuta in prima persona: dai primi sospetti che serpeggiano tra i dipendenti, agli ultimi istanti nella sala d'attesa prima della convocazione, alla presa d'atto dell'infausta notizia, alla nuova vita da cassaintegrato. E da qui si può immaginare il seguito: l'obbligo di aggiornamento formativo ("servirebbe, visto che in azienda accendiamo il pc ancora sfregando due pietre tra loro") e la conseguente ricerca di un nuovo lavoro (ad es. "cercasi assistente di volo non certificato", cioè un abusivo?... follie da ufficio di collocamento).Alla fine del libro Giuseppe Di Somma ci offre anche il suo curriculum, tante volte fossimo interessati alla sua figura professionale ("Competenze: scrivere libri sulla cassa integrazione", "Altre esperienze lavorative: disoccupato a Napoli, dove essere disoccupato più che uno status è una virtù"). Ma bisogna dire che la sua abilità narrativa e umoristica insieme fanno sperare che chiudendosi la porta del call center il fatidico portone si sia aperto: autore anche di un giallo, sempre tramite ilmiolibro.it, La dimensione del male, che ha già ottenuto ottimi riscontri nella community del sito, Di Somma ha sicuramente trovato nella scrittura un ottimo palliativo alla nullafacenza. E forse è proprio questo, e non altro, il suo vero talento.

Gruppo L'Espresso - aprile 2014 (recensione)

Giuseppe Di Somma affronta ogni momento della sua vita con il sorriso sulle labbra, e questo si è trasformato nel suo punto di forza. Da sempre appassionato di lettura e scrittura, le sfortunate vicende lavorative gli hanno permesso di coltivare quella passione, la scrittura, che ora è diventata talento.

 

Che tipo di formazione ha avuto?

Più che un percorso formativo lineare e coerente ho optato per un apprendimento della cultura con una metodologia self-service. Non sarò sicuramente ricordato per essere stato uno studente modello. Anzi, quando ero a scuola, le mie interrogazioni erano più vicine a pezzi teatrali di avanspettacolo che a delle verifiche scolastiche. Il mio inglese, ad esempio, era pessimo: sono oltre trent’anni che “the pen is on the table” e non sono ancora riuscito a spostarla. Probabilmente l’istruzione scolastica, che pur ritengo fondamentale per tutti, non era proprio nelle mie corde. Tutto quello che poi è diventato il mio misero sapere l’ho imparato per curiosità. Leggevo riviste di controinformazione all’incirca nel 10 AC (dove AC non sta per Avanti Cristo ma Avanti Computer, quindi 10 anni prima che nascessero i Pc). Quindi posso dire che i miei studi al liceo scientifico e le mie iscrizioni all’università prima alla facoltà di scienze politiche e poi a quella di sociologia, sono per me solo annotazioni storiche di studi mai completati e, quindi, privi di storiografia.

 

Quando nasce il suo interesse per la scrittura?

In terza elementare ho scritto il mio primo racconto per un concorso scolastico. Vinsi un premio. In realtà i fatti andarono un po’ diversamente, ma questa storia la racconto sempre così perché a noi esseri umani piace alterare la realtà per compiacerci di finte vittorie. La verità è che tutti quelli che avevano partecipato al concorso ebbero un premio: lo scopo era unicamente quello di contattare i nostri genitori, che ci dovevano accompagnare a ritirare la medaglia del vincitore, per vendergli una enciclopedia. Le mie doti di scrittore provetto erano state notate anche al liceo dal professore di italiano, che non mi ha mai dato un voto superiore al quattro nei compiti in classe. Diceva che avevo delle idee che a lui non piacevano e sta ancora cercando di capire a quale testo sconosciuto di grammatica mi rifacessi. La scrittura l’ha aiutata a superare il periodo di crisi legato al lavoro?Vivo di solito col sorriso stampato sulle labbra, anche nelle situazioni più difficili. Per me il sorriso è sempre l’unica risposta. In Le comunichiamo che… ho unicamente voluto raccontare, spingendole in alcuni casi al paradosso, delle situazioni che possono capitare nel mondo del lavoro. I personaggi che racconto son quelli che puoi incontrare in tutte le aziende, pubbliche o private che siano.

 

Quanto conta l’ironia in questi casi?

Le cose più serie della mia vita le ho dette con ironia, tanto che spesso non so neppure io se quel che dico è vero o meno.

 

Come descriverebbe il suo rapporto con la lettura?

C’è sempre troppo poco tempo e spazio per leggere. Lo faccio abitualmente, ma non come mi piacerebbe. Riesco a leggere una decina di libri l’anno, pochissimi se penso a quanti ne vorrei leggere e a quanti non ne riuscirò a leggere.

 

C’è un libro che le ha cambiato la vita?

Ogni libro che leggo arricchisce di un pezzetto la mia vita. Ricordo con affetto il primo libro che mi hanno fatto leggere a scuola: Se questo è un uomo di Primo Levi. Avevo poco più di sedici anni e all’epoca non ne colsi l’essenza e la profondità che ho avuto modo di scoprire negli anni successivi. Il primo libro che ho letto spontaneamente è stato Siddharta. Poi son passato a Pennac (adoro la saga di Benjamin Malaussène), ai noir italiani, ad Ammaniti, fino ad approdare ai thriller di Donato Carrisi.

 

Ha altre pubblicazioni al suo attivo? E un altro libro nel cassetto?

Oltre a Le Comunichiamo che… Avventure tragicomiche di un cassaintegrato, ho scritto e pubblicato il thriller La dimensione del male. Due generi totalmente diversi, due modi di scrivere totalmente diversi. Penso che ogni storia debba avere il suo linguaggio e il suo ritmo, per questo è importante, oltre che scrivere, anche il modo in cui si scrive e si racconta. C’è un libro nel cassetto già completo che attende di essere pubblicato. Per chi ha letto e sorriso con me leggendo Le comunichiamo che… potrebbero esserci nuovi sorrisi in arrivo.

 

Molti talenti e tanti ottimi libri di qualsiasi genere vengono scoperti grazie al self-publishing. Può descrivere la sua esperienza?

Penso che il self-publishing sia un’ottima alternativa per molti autori che non sono riusciti a farsi leggere e apprezzare dalle case editrici. Questo nuovo modo di fare editoria, con autori che si autopubblicano, ha sicuramente allargato la scelta editoriale dei lettori. Questi ultimi, però, si avvicinano a loro ancora con una mentalità da anni Novanta, dove chi aveva i soldi si autopubblicava un libro con il tipografo della zona e dopo lo distribuiva a parenti e conoscenti. Io ho avuto modo di leggere alcune delle opere del sito ilmiolibro e posso assicurare che spesso non hanno nulla da invidiare ad autori che hanno alle spalle una casa editrice tradizionale.

 

Scrivere un libro può diventare un’attività alla portata di tutti?

Tanti scrivono, non tutti riescono a raccontare storie degne di esser lette. Nella scrittura di un libro la forma e la sostanza hanno entrambe la stessa importanza.

 

Pensa che un autore indipendente possa ritagliarsi nuovi spazi nel mercato editoriale?

Autopromuovere un libro è faticoso e dispendioso. Sicuramente la diffusione degli e-reader sta cambiando il modo di coinvolgere nuovi lettori. Sono purtroppo ancora troppo pochi, per un mercato che diventa sempre più vasto, quelli che utilizzano internet per acquistare libri. In questo momento quel che manca è un servizio che permetta di essere presenti sugli scaffali di una libreria. Un autore indipendente sa che molti dei libri che si leggono si scelgono dagli scaffali. Si sfogliano, si annusano, si guarda la quarta di copertina e qualche pagina interna, fino a quando il rapporto non diventa così intimo da costringerti a portare a casa quello sconosciuto che ti accompagnerà per qualche giorno o settimana in un viaggio unico e intimo.

 

Cosa pensa dell’editoria digitale?

L’editoria digitale sta rivoluzionando il mondo dell’editoria e soprattutto la sua diffusione e distribuzione. Siamo dinanzi a un salto di qualità pari a quello fatto grazie all’invenzione della stampa a caratteri mobili di Johann Gutenberg. All’epoca con quell’invenzione si ampliò la diffusione del sapere. Oggi con l’editoria digitale si amplia l’offerta del sapere, prima rinchiusa esclusivamente nelle scelte delle case editrici.

 

Biografia - Giuseppe Di Somma ha 41 anni è sposato ed è papà di una bimba di 4 mesi. Vive in provincia di Pavia. È nato in Germania da genitori napoletani. All’età di 6 anni si è trasferito a Napoli. Qui ha svolto l’attività di giornalista per 16 anni (corrispondente de «Il Mattino» e collaborazioni con diversi periodici oltre che con diverse emittenti radiofoniche nazionali). Si è trasferito a Milano nel 2007 abbandonando il suo lavoro di giornalista e iniziando a prestare la sua opera in un call center, prima come operatore poi come team leader. La sua attività lavorativa si è conclusa lo scorso marzo dopo un anno di cassa integrazione. Ora si definisce “un disoccupato full time”.

Gruppo L'Espresso - aprile 2014 (intervista)

Giuseppe Di Somma

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